Scena Prima.
Luogo remoto fuori della Città, che corrisponde da un lato al mare, e dall' altro al bosco de Solitarii.
Vafrino, che esce dolente dalla parte del mare, e Dalinda di dentro.
VAFRINO.
O me dolente! Ahi lasso!
Dunque del mio Signor l'esangue spoglia
Rinvenir non potrò? Nel fiume in vano
La ricercai; dall' onde
Gettata la sperai sù queste sponde.
Vane lusinghe! Ah! questo pianto mio
La potesse bagnar! potessi ...
DALINDA di dentro.
Oh Dio!
VAFRINO.
Qual grido!
DALINDA come sopra.
Aita!
Barbari!
VAFRINO.
Che vegg'io? ...
Osservando di dentro.
Scena II.
Dalinda, che esce scarmigliata fuggendo, inseguìta da alcuni Sgherri coi pugnali nudi; e detto.
DALINDA.
Pietà ... la vita ...
VAFRINO.
Vili! Contro una donna!
Snuda la spada, e s'avventa contro gli Sgherri, Questi fuggono, egli gli insegue.
DALINDA.
Io più non reggo ...
La stanchezza, l'affanno ...
Perfido Polinesso!
Vafrino ritorna.
VAFRINO.
Donna, sei salva.
DALINDA.
O Ciel! Vafrin!
Ravvisandolo.
VAFRINO.
Dalinda!
Ravvisandola.
In quale stato! In qual periglio! Ah dimmi ...
DALINDA.
Se sapessi, Vafrin, che nero inganno! ...
Che inudita perfidia! ... Ah! tempo forse
Resta al riparo ancor: guidami altrove.
VAFRINO.
Ma dimmi prima almen ...
DALINDA.
Tutto saprai.
Orror ti prenderà, pianger dovrai.
Tu vedi in me la vittima
Del più crudele inganno;
Comprendere l'affanno
Non puoi di questo cor.
Mi desta orrore un perfido,
Mille rimorsi ho in petto;
Sono a me stessa oggetto
D'angoscia, e di rossor.
Partono insieme.
Scena III.
Foltissimo, e vasto bosco. Un sontuoso Edifizio è da un lato con torri, e guglie; il quale serve di ritiro ai Solitarj della Scozia, ed è in parte nascosto dagli alberi, che ingombrano tutta la Scena.
Ariodante comparisce dal fondo del bosco. Tutto dinota in lui una cupa passione: lentamente s'avanza immerso in profondo pensiero; geme; sospira; poi, come scuotendosi, guarda attorno avanzandosi sempre.
ARIODANTE.
Ove son io? Dove m'inoltro? Quali
Ombre opache diffonde d'ogn' intorno
La tortuosa selva, e asconde il giorno?
Che silenzio profondo!
Muta quì par Natura. Oh! come tutto
Quì spira un sacro orrore!
Come si pasce un cuor nel suo dolore!
Questo, sì questo è il luogo, che richiede
La mia desolazion. Dell' onde in seno
M'avrìa serbato il Ciel da certa morte
Per soffrir nuove pene? E che mi resta
A tollerare ancor? Son giunti omai
Al colmo i mali miei;
Che soffrir più non sò, tutto perdei.
Ah! che per me non v'è
Più pace, nè pietà.
Povero cor! di te
Che mai sarà!
S'appoggia dolentissimo ad un tronco.
Scena IV.
S'apre la porta dell' Edifizio, e n'escono molti Solitarii, che vanno a disperdersi nel bosco mostrando molto dolore, e cantando a.
CORO.
Quale orror! che infausto dì!
Chi mai non piangerà?
Ah! dovrà perir così
Senza pietà!
ARIODANTE.
Quali flebili voci!
Qual triste mormorar di mesti accenti!
Eco forse risponde a' miei lamenti?
S'alza, e s'avanza.
CORO.
Giusto Ciel, calma il rigor
A tanto lagrimar:
Tanti affanni, tanto orror.
Deh! fa cessar!
ARIODANTE.
Quale sciagura mai, ... Cielo! Non erro:
Son io fra i saggi Solitarii. O come
Son essi immersi in alto duol! Che fia?
CORO.
Quale orror! che infausto dì!
Chi mai non piangerà?
Ginevra, oh Dio così
Perir dovrà?
ARIODANTE.
Non perirà. (Come soffrir potrei
Ch'ella per me perisse!)
Non si tardi, si voli; questo sangue
Tutto a versar per lei pronto son io;
(Per lei, che adoro ancor, che è l'Idol mio.)
Da se, e poi al Coro.
Se sapeste chi m'accende
Tanto ardore, e tanto affetto;
Se vedeste in questo petto,
Vi saprei destar pietà.
Questa cor ...
CORO.
D'onor s'accenda.
ARIODANTE.
Ah! l'amor ...
CORO.
La gloria ascolta.
ARIODANTE.
Ah! sì; vadasi una volta
Tanti affanni a terminar.
CORO.
Per te rieda un' altra volta
Questo Regno a respirar.
ARIODANTE.
Mentre fra l'armi
Al Coro.
Sarò a pugnar,
Voi sacri carmi
Fate echeggiar.
Dio, che presiedi
Da se.
Alla vittoria!
Tu mi concedi
Valore, e gloria:
M'assisti, e guidami
A trionfar.
CORO.
Và, combatti, il Ciel ti guida,
Certo sei di trionfar.
ARIODANTE.
Ma se è rea ...
Da se.
CORO.
Che più...