Ballo Pastorale.
Questa Galatea è l'istessa, della quale parla Orazio diserivendo una giovane Beltà, che un' Amante furtivamente tenta di baciare. Il senso de' versi del famoso Poeta, è il seguente:
Colei che debolmente resiste, vuol che s'involi.
Il Ballo dunque non è composto che sopra i capricci di questa Pastorella, che fa sovente disperare due Pastori che l'amano. è molto difficile di ben spiegare un Giuoco che nasce dal capriccio, e dall' incostanza. Bastano perciò le di sopra citate parole, su'l senso delle quali si è formato il sogetto di questo Ballo, acciò non si confonda questa, con l'altra Galatea discritta da Ovidio, tanto da Polifemo amata.
Scena I.
L'interno d'una Cappanna Pastorale.
Aristea, ed Argene.
ARGENE.
Ed ancor della pugna
L'esito non si fa?
ARISTEA.
No, bella Argene,
è pur dura la legge, onde n'è tolto
D'esserne spettatrici!
ARGENE.
Né ancor si vede alcun.
Guardando per la scena.
ARISTEA.
Nè alcuno ... Oh Dio!
Turbata.
ARGENE.
Che avvenne?
ARISTEA.
O come io temo!
Come palpito adesso!
ARGENE.
E la cagione?
ARISTEA.
è deciso il mio fato.
Vedi Alcandro che arriva.
ARGENE.
Alcandro, ah corri,
Verso la scena.
Consolane, che rechi?
Scena II.
Alcandro, e detto.
LICIDA.
Fortunate novelle. Il Re m'invia
Nunzio felice, o Principessa. Ed io ...
ARISTEA.
La pugna terminò?
LICIDA.
Sì: ascolta: intorno
Già impazienti ...
ARGENE.
Il vincitor si chiede,
Ad Alcandro.
LICIDA.
Tutto dirò. Già impazienti intorno
Le turbe spettatrici ....
ARISTEA.
Eh ch'io non cerco
Con impazienza.
Questo da te.
LICIDA.
Ma in ordine distinto ...
ARISTEA.
Chi vinse dimmi sol.
Con sdegno.
LICIDA.
Licida à vinto.
ARISTEA.
Licida!
LICIDA.
Appunto.
ARGENE.
Il Principe di Creta!
LICIDA.
Sì, che giunse poc'anzi a queste arene.
ARISTEA.
(Sventurata Aristea!)
ARGENE.
(Povera Argene!)
LICIDA.
Oh te felice! O quale
Ad Aristea.
Sposo ti diè la sorte!
ARISTEA.
Alcandro parti.
LICIDA.
T'attende il Re.
ARISTEA.
Parti. Verrò.
LICIDA.
T'attende
Nel gran tempio adunata ....
ARISTEA.
Nè parti ancor?
Con sdegno.
LICIDA.
(Che ricompensa ingrata!)
Parto: ma so che degno
Di tal mercè non sono:
Ma quell' ingiusto sdegno
Non meritai da te:
Felice il Ciel ti rese:
Ai d'esser bella il dono;
Ma l'essere cortese
Vanto minor non è.
Parte.
Scena III.
Aristea, ed Argene.
ARGENE.
Ah dimmi, o Principessa,
V'è sotto il Ciel chi possa dirsi, oh Dio!
Più misera di me?
ARISTEA.
Sì. Vi son io.
ARGENE.
Ah non ti faccia Amore
Provar mai le mie pene. Ah tu non fai
Qual perdita è la mia: quanto mi costa
Quel cor, che tu m'involi.
ARISTEA.
E tu non senti,
Non comprendi abbastanza i miei tormenti.
Grandi, è ver, son le tue pene:
Perdi è ver, l'amato Bene;
Ma sei tua, ma piangi intanto,
Ma domandi almen pietà.
Io dal fato, io sono oppressa.
Perdo altrui; perdo me stessa:
Nè conservo almen del pianto
L'infelice libertà.
Parte.
Scena IV.
Argene e poi Aminta.
ARGENE.
E trovar non poss'io
Nè pietà, nè soccorso?
AMINTA.
Eterni Dei!
Parmi Argene colei.
ARGENE.
Vendetta almeno,
Vendetta si procuri.
Vuol partire.
AMINTA.
Argene, e come
Tu in Elide? Tu sola?
Tu in sì ruvide spoglie?
ARGENE.
I neri inganni
A secondar del Prence
Dunque ancor tu venisti? A saggio in vero
Regolator commise il Re di Creta
Di Licida la cura. Ecco i bei frutti
Di tue dottrine. Ai gran ragione, Aminta,
D'andarne altier Chi vuol sapere appieno
Se fu attento il Cultor, guardi'l terreno.
AMINTA.
(Tutto già sa.) Non da' consigli miei ...
ARGENE.
Basta ... Chi sa? Nel Cielo
V'è giustizia per tutti, e si ritrova
Tal volta anche nel mondo. Io chiederolla
Agli Uomini, agli Dei. S'ei non à fede,
Ritegni io non avrò. Vuò che Clistene,
Vuò che la Grecia, il Mondo
Sappia, ch'è un traditore; acciò per tutto
Questa infamia lo siegua, acciò che ognuno
L'abborrisca,...