Scena I.
Gran Piazza sulla Riva del Fimme che divide la Città
Cortes, Narves, Tutto il seguito Spagnuolo.
NARVES.
Eccoci alfin, grazie alla Sorte, accolti
Fra le Barbare Mura. Un sol tuo cenno
Cen renderà Signori. Ah tu l'imponi,
E fra 'l sangue de' Suoi
Il Re prendiam ed i Tesori a noi.
CORTES.
Modem il tuo valor. L'Ispano sangue
Jo voglio risparmiar. Devesi all' armi
D' America l'acquisto.
Quel di Messico sia
Dovuto sol alla prudenza mia.
Arte, e frode s'adopri, e Montezuma
Per noi rendasi reo d'alcun delitto,
E dian' ei stesso di punirlo il dritto.
Dissimuliam
NARVES.
Qual ira
Questo Popol mi desta! Oh Dio! Qualpena
Per nasconderla aurò! Troppo detesto
Gl' Idolatri, Signor.
CORTES.
Il lor castigo
Non è che diferito. In questo giorno
Prima che l'ombre agli occhi de' mortali
Involino la luce, arbitri affatto
Del Messico saremo,
E regnar vi faremo
Col nostro Re la nostra
Religione ancor.
NARVES.
Siam pur felici!
Oh buona, oh facrosanta
Religion, che ne arricchisci a costo
De' perfidi, esecrabili pagani!
Non puoi creder qual sia la lor grandezza!
Non tardare a eseguire i tuoi disegni:
Qual vergogna fatal per noi sarebbe,
Se fuggir ci lasciassimo di mano
Tanti tesori, quando al lor possesso
Potressimo, Signor, volaré adesso!
CORTES.
L'impazienza tua versar faria
Torrenti di quel sangue,
Che dobbiam conservare: I miei comandi
Sia sol tua cura d'eseguire, e sia
Di ben condurre il braccio tuo la mia.
NARVES.
L'Imperator s'appressa; or che m'imponi?
CORTES.
Di simular, di fingere, di dargli
Di rispetto, e umiltà vani tributi.
Ci conviene su l'orlo addormentarlo
Del precipizio, in cui desio d'urtarlo.
Scena II.
Montezuma preceduto da numeroso Popolo, che canta il seguente Coro, e seguito da Tezeuco, e da tutta la sua Corte. Cortes e Narves.
CORO.
Venite, intrepidi stranieri Erbi
Tolti al terribile furor del mare.
Cari, c pregevoli sarete a noi,
E al nostro amabile Imperator.
Lieti a ricevere sì sì venite
Del più benesico Monarca i doni:
Per vostra gloria gli applausi udite
Di questo Popolo ammirator.
MONTEZUMA.
Vieni, illustre Stranier, di cui la fama
Narra l'eccelse Imprese. A me t'affida.
Tuo Protettor son io. Vieni al riposo
Che meritar le tue fatiche, e mira
Tutti Miei quai fratelli,
E de i piaceri lor godi con quelli.
CORTES.
Signor che il suolo Americano ammira,
I tuoi doni ricevo
Conrispetto, e stupor. Grazie al Destino
Che quà mi trasse a venerar un Prence
Che da lungi ammirai.
MONTEZUMA.
Se fra noi regna
Qualche virtude, agli Stranieri ospizio,
Alla virtude stima
Sono il merito nostro; e tu vedrai
Come render sappiamo al bel valore
D'Eroe si grande il meritaro onore
CORTES.
Le Imprese mie, Signor, poichè le approvi,
Hanno un prezzo maggior.
MONTEZUMA.
Alle promesse
L'opre aggiugner saprò. Quivi i Congiunti,
Gli Amici quì, che al Patrio suol lasciasti,
Fra Noi ritroverai,
E fra nuovi piaceri
Presente alle mie Nozxe ancor sarai.
CORTES.
Come potrò, Signor, grato abbastanza
Mostrarmi a tal virtù? ... deltu permetti
Che i miei Compagni nelle lunghe pene;
Lo sieno nel piacer. Potrei lasciargli
Senza taccia d'ingrato? In la tua Corte
Per lor, ten prego umil, s'apran le Porte.
MONTEZUMA.
Quest' illustri Guerrieri
Ti seguan, lo concedo. Aurai di loro
Cura, Tezeuco. Quanto lor fa d'vopo
Loro ampiamente porgi,
E al mio soggiorno imperial li scorgi.
Parte col Seguito della sue Corte; il Popolo resta, e canta il.
CORO.
Lieti a ricevere sì sì venite
Del più benefico Monarca i doni.
Per vostra gloria gli applausi uditc
Di questo Popolo ammirator.
Scena III.
Cortes, Narves, Spagnuoli, Tezeuco.
TEZEUCO.
Del mio Monarca ai cenni
Con qual gioia obbedisco. Sì fra noi,
Valorosi stranieri, omai godete
In amabil riposo i benefici,
Che il nostro Imperator farvi destina.
E giusto, che il piacere
Vi rasciughi i sudori
All' ombra trionfal de' vostri allori.
Passaggero, che tenta la sorte
Soura un legno, ch' è gioco del vento
Vede il Porto con dolce contento
Stanco alfine dell' ira del mar.
Là sbandita le tema dal petto
Scorge il fine di tante sue pene,
E nel seno d' amabil diletto
Può sicuro, e tranquillo posar.
NARVES.
Omai del Mondo i vincitor noi siamo,
Ne ci san far spavento
L'onde sdegnate, la tempesta, o il vento.
Noi fra perigli
L' onor cerchiamo
Vittorie, e sangue
Veder bramiamo.
Mollezza è figlia
Della viltà.
Questi momenti
Crediam perduti,
Onde in riposo
Siam ritenuti.
La virtù nostra
Languir non sa.
Parte accompagnato da Tezeuco, e feguito dalli Spagnuoli.
Scena IV.
PILPATOÈ solo.
Numi! qual sicurezza
Perigliosa, e fatal! Ah Montezuma
Troppo si fida agli Stranieri, e corre
Alla ruina sua. Deh perchè almeno
Non disarmar Costor? Ne' sguardi loro
Jo leggo...