L'eccessivo amore, ch' ebbe Orlando per Angelica Regina del Catai, e per cui alla fine perdette il Senno, è un avvenimento tirato dall' impareggiabile Poema di Lodovico Ariosto; onde essendo noto quasi ad ognuno, servirà d' Argomento al presente Drama, senza una più diffusa spiegazione. Quel che si finge, di più nell' Amore di Dorinda Pastorella per il Principe Medoro, e nel Zelo, costante del Mago Zaroastro per la Gloria d' Orlando è per dimostrare, quanto sia baldanzoso l' Amore nell' insinuarsi nel core di chi si sia, e quanto l' Vomo Savio sia sempre pronto a porger' il suo ajuto, per ricondurre nel buon camino quelli, che guidati dalla Passione l'hanno smarrito.
Personaggi
Orlando
Angelica, Regina del Catai, Amante de di Medoro
Medoro, Principe Africano, Amante d' Angelica
Dorinda, Pastorella
Zoroastro, Mago
Scena I.
Notte. Campagna con Monte in prospetto sopra la cima del Monte, che sostiene il Cielo sopra le spalle. Molti Geni a piedi del Monte. Zoroastro appoggiato sopra d'un sasso sta contemplando i motti delle Stelle.
ZOROASTRO.
Gieroglifici eterni
Che in Zifre luminose ognor splendete,
Ah! che alla mente Umana
Altro che belle oscurità non siete.
Pure il mio Spirto audace,
Crede veder scritto là su in le Stelle
Che Orlando Eroe sagace
Alla Gloria con sia sempre rubelle.
Ecco sen vien. Sù miei Consigli all' opra
Vede venire Orlando.
Scena II.
Orlando e Zoroastro.
ORLANDO.
Stimolato dalla Gloria
Agitato dall' amore
Che farai misero Core?
Stimolato, etc.
ZOROASTRO.
Purgalo ormai da effeminati sensi.
ORLANDO.
Chi sei? Che parli? Che vuoi tu? Che pensi?
ZOROASTRO.
Di sua Gloria custode
Ti stimolo a seguirla. Ergi' l tuo core
Alle grand' Opre.
ORLANDO.
Ah! me lo tolse amore!
ZOROASTRO.
Te lo renda il valor.
ORLANDO.
Languisce in petto.
ZOROASTRO.
Scherno esser vuoi d'un vile pargoletto?
Il Mago fa segno colla verga, e li Genj portano via
il Monte, comparendo in suo loco la Reggia d'amore, che in figura di fanciullo siede nel Trono avendo a suoi piedi addormentati alcuni Eroi dell' Antichità.
ZOROASTRO.
Mira, e prendi l' essempio;
Nè appender voti, che di Gloria al Tempio.
Lascia amor e siegui Marte
Va, combatti per la Gloria.
Sol oblio quel ti comparte,
Questo sol bella memoria.
Lascia, etc.
Parte.
Scena III.
ORLANDO solo.
Immagini funeste
Riguardando il Trono d'amore.
Che turbate quest' Alma;
Enon avrò sopra di voi la palma?
Sì, già vi fuggo, e corro
A inalzar col valor nuovi Trofei:
Ti rendo o bella Gloria i affetti miei
Ma che parlo! e non moro!
Come lasciar quell' Idolo, che adoro!
No: parto, e fia mia Gloria,
Più servir ad amor, ch' aver vittoria.
Non fu già men forte Alcide
Benchè in sen d' Onfale bella
Spesso l'armi egli possò!
Nè men fiero il gran Pelide
Sotto Spoglie di Donzella
D' Asia i Regni minaccio!
Non fu, etc.
Parte.
Scena IV.
Boschetto con Capanne di Pastori. Dorinda, poi Orlando con Spada alla mano che conduce seco una Principessa liberata dalle mani de suoi nemici.
DORINDA.
Quanto diletto avea tra questi Boschi
Nel rimirar quegli innocenti scherzi
E de' Capri, e de' Cervi!
Nel serpeggiar de limpidi Ruscelli
Brillar i fior, ed ondeggiar le piante;
Nel garrir degli Augelli,
Nello spirar di Zefiretto i fiati.
Oh giorni allor beati!
Ora per me funesti.
Io non so che sian questi
Moti, che sento adesso entro il mio core.
Ho inteso dir, che ciò suol fare amore.
Si sente di dentro strepito d' armi; Orlando con Spada alla mano conducendo seco una Principessa.
ORLANDO.
Itene pur fremendo anime vili,
Ite d' Abisso a popolare i Regni.
Tu illustre Principessa
Libera sei, e reco più a mia Gloria
Il tuo bello servir, ch' ogni Vittoria.
Partono.
DORINDA.
Quegli è il famoso Orlando,
Che vive a quel, ch' Io vedo anch' esso amando.
Ho un certo rossore;
Di dir quel che sento;
S' è gioja o tormento
S' è gelo o un ardore,
S' è al fine –– Nol sò
Pur picciolo meco
Bisogna che sia
Piacere o dolore,
Se l' anima mia
Rinchiuder lo può.
Ho un, etc.
Parte.
Scena V.
Angelica e poi Medoro a parte.
ANGELICA.
M' hai vinto al fin, m' hai vinto o cieco Nume!
L' Alma mia non presume
Di riportar più i soliti trofei.
È tu Orlando, ove sei?
Deh mira al fin, che l' Idolo, che adoro,
È l' amabil Medoro.
Io lo vidi ferito;
Medoro ascolta a parte.
Sanarlo procurai; ma le sue piaghe
Saldando nel suo petto: Ah! nel mio Core
Per lui ne apriva Amor una maggiore.
Ritornava al suo bel viso
...